giovedì 24 febbraio 2011

A VECCHIJ 2011


A Vecchij è una manifestazione popolare carnevalesca di tipo celebrativo svolta nel periodo quaresimale comunemente conosciuta come “sega la vecchia”, nella quale un fantoccio dalle sembianze di una vecchia viene segato e smembrato, ritrae e testimonia quegli aspetti della cultura contadina che rappresentava, in una dimensione festiva ritualizzata, la transizione stagionale dall’inverno alla primavera, della ciclica morte e rinascita della natura.

Riguardo l’aspetto storico e culturale di questo rito si svolgono dal 2007 dei convegni/dibattiti sul folklore tradizionale e sulla contemporaneità a cui prendono parte docenti universitari di Antropologia e di Tradizioni Popolari.


San Marco la Catola (FG) - Edizione 2011 

A CRAP Z’È SCIOT

con

Associazione Culturale “i Maitunat” di Gambatesa
Associazione Culturale Musicale "Terravecchia in Folk" di Pietramontecorvino
Università degli Studi di Foggia
GAL Meridaunia
Comune di San Marco la Catola
Provincia di Foggia


PROGRAMMA

Sabato 26 Marzo – ore 21.00
C.so V. Emanuele

Il rito della vecchia che viene segata
e la musica popolare del gruppo
UNZA UNZA BAND


Domenica 27 Marzo – ore 10.00
Auditorium San Giacomo

Quinto Convegno:

LA TERRA CHE SI RINNOVA
Religiosità arcaica nel folklore contemporaneo

Interventi:

Michele FASCIA Sindaco di San Marco la Catola
Alessandro MICHELACCI Vicesindaco di Forlimpopoli "LA SEGAVECCHIA"
Alberto CASORIA Presidente GAL Meridaunia

Relatori:

Laura BONATO
Docente di Antropologia Culturale, Università degli Studi di Torino
PENDOLARI E IMPRENDITORI DI CULTURA
Dalle politiche culturali alla promozione territoriale

Francesca SCIONTI
Ricercatore, Università degli Studi di Foggia
L’IMMAGINARIO DEI GIOVANI SULLA FESTA
Tra innovazione e tradizione
                                                                                                  

FUORI PROGRAMMA

Sabato 26 Marzo – ore17.00
Per le vie del paese

Assolutamente da non perdere!

Processione della vecchia per le vie del paese accompagnati dai suonatori della tradizione popolare de
"I MAITUNAT" di Gambatesa

Alla processione possono unirsi tutti gli appassionati e suonatori di musica popolare col proprio strumento.

Al termine della sfilata (ore 20.00 circa) pasta con ceci e vino per tutti.

Guarda le foto

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UNZA UNZA BAND

La Unza Unza band nasce nell’aprile 2005 da un’idea di Pierluigi Vannella. L’intento era (ed è) quello di fare una musica che rallegrasse tutti: canti popolari del gargano (in particolare Matteo Salvatore) riarrangiati con ritmi zingari e unza (in levare), tarantelle (tradizionali), tanghi vari, musiche da circo per dare quel tocco d’ironia che nella vita ci vuole. La band ha girato in questi  anni le varie piazze e i vari pubs della provincia e non solo. La formazione è cambiata diverse volte e per le diverse occasioni.
...a cos’ bell è che anch se sò cagnat paricchie cos...a sustanze è semp a stess: ciamma ddvert e amma fà dvertì pcche i uaje ndò munne sò ssaje e a gente quanne c sent adda stà bun e s’adda pigghià bell!
Il gruppo per le festa della vecchia suonerà in trio:

Pierluigi Vannella - chitarre, voce, cavaquinho
Guido Longo - fisarmonica e cori
Giammaria Preziuso - percussioni e cori
Eseguiranno brani di Matteo Salvatore riarrangiati e resi più ballabili e coinvolgenti e brani tradizionali del Gargano, dei Monti Dauni e dei Balcani.



I MAITUNAT DI GAMBATESA

(a cura di Luca D’Alessandro)
1. Introduzione alle “maitunat” e premessa metodologica.
E’ il giorno del 31 dicembre, la vigilia di capodanno. A Gambatesa, borgo fortorino di 1700 anime, si sente nell’aria che non sarà il solo passaggio dal vecchio al nuovo anno ad essere festeggiato, ma qualcosa di molto più sentito e particolare, di unico e speciale.
Chiara è la percezione che una grande e lunga attesa sta’ per concludersi, e, se è vero che i luoghi si caricano delle sensazioni di coloro che vi abitano, prendendone la forma e propagandone l’aurea, si ha la netta impressione che qualcosa è in procinto di avvenire, forse una fragorosa e colorata esplosione folcloristica, magari la stessa del medesimo giorno dell’anno precedente e chissà di quanti altri “31 dicembre” andando indietro per lustri e secoli: l’intero paese, dopo un anno d’attesa, è pronto a reimmergersi nella secolare tradizione delle Maitunat’. Per le strade del borgo il movimento è continuo: gli antichi strumenti artigianali vengono affinati e personalizzati, le “squadre” vengono completate, l’appuntamento è fissato. Giunta l’ora di cena, l’antico rito delle maitunat’ è pronto per essere nuovamente ripetuto. Lo spettacolo può finalmente iniziare e il divertimento più puro, originale e popolare sta per essere esaltato e festeggiato.
L’antico stornello risuona ovunque e in un vortice di musica canti e balli, le varie “squadre” si esibiscono per tutto il paese generando un’atmosfera festosa, calda e coinvolgente. Giovani, anziani, adulti e bambini, si dilettano nell’improvvisare le Maitunat’ prendendo di mira, in tono scherzoso e canzonatorio, i padroni delle case in cui si recano. Godendo di una tacita immunità, limitata ai soli due giorni della manifestazione, vengono messi alla berlina, non solo personaggi pubblici della vita paesana, ma anche gente normale con qualche scheletro nell’armadio o i protagonisti di qualche episodio eclatante. Non c’è casa di poveri o ricchi, umili o potenti, ignoranti o dotti, che si rifiuti di ascoltare le Maitunat’ e concedere ospitalità. Ogni cantore, accompagnato dalla sua squadra, crea le sue rime estemporaneamente secondo il suo caratteristico stile che lo contraddistingue dagli altri rendendolo unico.
I temerari chiudono l’intensa nottata a mattino inoltrato, gli altri alle prime luci dell’alba.
Per qualche ora del tardo mattino del primo gennaio sembra che tutto sia cessato, la quiete dopo la tempesta, il meritato riposo dopo una nottata fredda e faticosa. E’ solo calma apparente perchè nel primo pomeriggio si rincomincia: ancora musica, maitunat’ e canzoni popolari.
Tutte le squadre protagoniste della notte sono pronte a sfidarsi davanti al pubblico, salendo a turno sul palco, ed esibendosi in brani strumentali o cantati e maitunat’. I cantori devono dare il meglio e sfoderare il loro miglior repertorio per ambire alla “Sonagliera d’oro”, che premierà il migliore, ma soprattutto per soddisfare e divertire l’esigente platea.
Terminate le premiazioni e chiusa la manifestazione, in paese ritorna la normale atmosfera di quiete, questa volta però non sarà interrotta… almeno fino alla vigilia del prossimo nuovo anno.
Descrivere un fenomeno folcloristico come quello delle maitunat’ o analizzarlo in modo scientifico cercando di estrapolare da esso i vari aspetti antropologici, sociali, culturali, rituali non è affatto cosa facile se si pensi di quanta spontaneità, animo popolare, provenienza “dal basso” esso sia intriso. Cosa ancor più ardua è quella di spiegare la tradizione a chi non ha mai preso direttamente parte , non l’abbia vissuta a seguito delle “squadre” (cioè i gruppi musicali) o non si sia calato nella particolare atmosfera della notte del capodanno gambatesano; in questo senso il rischio è cadere nella banalità, di non riuscire a renderne l’idea o ad esprimerne l’animus che contrassegna i protagonisti e quello degli spettatori. Se a tutto ciò vogliamo aggiungere l’incertezza storica delle origini e delle funzioni (quindi la ratio), l’aleatorietà che ogni fenomeno di tradizione orale si porta dietro, la mancanza di fonti scritte a supporto di una tesi plausibile che sia il frutto di un metodo sperimentale etnomusicologico, ecco connotate la difficoltà di inquadrare le maitunat’ in uno schema dogmatico preciso.
La descrizione precedente, leggermente intrisa di romanticismo con lo scopo di catapultare il lettore nell’atmosfera della tradizione, sarà seguita da una trattazione che sistematicamente si articolerà tra l’etimologia della parola, il significato della tradizione, l’evoluzione delle maitunat’ di Gambatesa, le caratteristiche fondamentali, i personaggi chiave delle “squadre” e infine l’evoluzione dello stornello.
2. Etimologia della parola “maitunat’ ”, origini, significato.
Sono diversi i significati assegnati alla parola “maitunat’ “. Le differenti ipotesi etimologiche che si sono avvicendate hanno tutte seguito percorsi diversi, spesso superficiali, come il tentativo di accostare la parola “maitunat’” (meglio “maintunat”, nel nostro caso scritto “mai ‘ntunate”) alla locuzione “mai intonate” in nome dell’estemporaneità con la quale i cantori eseguono (solo a Gambatesa) la stornello in modo improvvisato. Tesi che può essere subito smentita se si considera il fatto che il termine “maitunat’” è utilizzato in molti altri paesi molisani nei quali lo stornello non è eseguito estemporaneamente e che, a Gambatesa stessa, prima della metà degli anni trenta non c’è traccia dell’improvvisazione, praticandosi il rito con stornelli precostituiti, ancora oggi conosciuti.
L’ultima ipotesi in ordine temporale ce la fornisce lo scrittore Antonio Fratangelo, studioso di lingua fenicia e grande sostenitore dell’ipotesi della presenza punica nell’area del Fortore, che ritrattando la sua prima versione (le origini delle “maitunat’” sono da ricercarsi nel teatro vivo di Plauto e Terenzio, alla farsa delle atellane, alla licenziosità dei fescennini) affermando che traducendo in fenicio il termine mtnt = “offerta” – “canti d’offerta”,si giungerebbe ad un soddisfacente risultato inquadrando il fenomeno nel vasto e variegato panorama dei riti del fuoco, quest’ultimo inteso come purificazione, rinnovamento rispetto al passato, e quale giorno migliore, se non quello in cui si ha il passaggio dal vecchio al nuovo anno, per lasciarsi alle spalle un corso di avvenimenti e iniziarne un’altro nel segno della positività?
Prendendo per buona questa affermazione emerge chiaro il riferimento ai c.d “canti di questua”, diffusi in tutta l’Europa mediterranea con i quali i questuanti offrono, in cambio di cibi e bevande da parte del padrone di casa, un augurio (per il nuovo anno o per un buon raccolto), intonando degli stornelli con auspicio propiziatorio. La caratteristica di “canto di questua” delle maitunat’è un elemento indiscutibile, ancora oggi vivo e oggettivamente rilevabile nella moderna pratica tale che , può considerarsi il punto di partenza e il pilastro di ogni trattazione in materia.
La seconda funzione delle maitunat’ si materializza alla stregua di uno strumento con il quale il popolo poteva esprimere, senza rischi, il proprio punto di vista (positivo o negativo), sempre e comunque in forma burlesca, nei confronti dell’autorità, con la speranza di un cambiamento positivo nell’anno seguente;

3. Le “maitunat’” di Gambatesa nel XX sec.: evoluzione e distacco dal “modus” tradizionale.
L’evoluzione delle maitunat’ nel ‘900, può essere suddivisa per semplicità in tre fasi distinte, delimitate ognuna da una serie di fattori che vanno dal diverso modo di interpretare le maitunat’, alle loro differenti finalità che hanno assunto nel corso del tempo, al modo di comporre le varie “squadre”, in quest’ultimo caso modificandone gerarchie e ruolo del cantore.
Una prima fase, della quale non può definirsi chiaramente l’inizio, termina all’incirca con l’avvento del primo conflitto mondiale (anni 1915-1920). Questo periodo è caratterizzato delle cosiddette “maitunat’ antiche”. La peculiarità, rispetto alle attuali maitunat’, riguarda principalmente il fatto che l’antico stornello, alternato ad un ritornello cantato e suonato, era precostituito e mancava quindi del requisito dell’improvvisazione. Al cantore spettava, oltre all’esecuzione canora vera e propria, il compito di scegliere il tipo di maitunat’ più adatta per la persona alla quale si rivolgeva e per l’argomento al quale intendeva riferirsi scegliendo tra un ventaglio di soluzioni abbastanza limitato.
Ogni maitunat’ conteneva un sottile doppio senso, naturalmente leggero, ironico e canzonatorio, che ne rappresentava la morale, quindi il messaggio principale che si voleva trasmettere.
Le maitunat’ c.d. antiche sono tipiche di moltissimi paesi del Molise in cui i canti di questua erano una prassi molto diffusa ed in qualche caso ancora esistenti. Muniti di fisarmoniche, organetti, chitarre, “bufù” (“putipù” o “caccavella”) e antichi strumenti a percussione di costruzione artigianale come “pakktell’”(due tavole con sonagli percosse tra loro), “sunaglier” (c.d. “triccheballacche”, sempre in legno con tre battenti muniti di sonagli), “strgulator” (tavola scanalata), le varie squadre si recavano nelle abitazioni dei personaggi più in vista del paese (non solo sotto il criterio economico e politico ma con riferimento alle persone più presenti e attive nella vita “rurale” di ogni giorno), e, godendo di una sorta di immunità, tacitamente concessa da tutti, potevano permettersi, anche se in modo sottile e mediato, di cantare vizi e virtù di queste persone autorevoli, inattaccabili nel corso dell’anno.
Le squadre erano formate da un numero di elementi difficilmente superava le dieci unità. Gli strumenti principali, oltre agli antichi arnesi artigianali a percussione tutt’ora utilizzati, erano la fisarmonica e l’organetto, ereditati dai padri o dai nonni e imparati in modo autonomo. Non esistevano, se non in rare eccezioni, trombe, tromboni, clarinetti, sax e fiati in generale per via del loro elevato costo non rapportabile al tenore di vita del tempo.
Una seconda fase, che arriva fino agli anni ’50, vede ancora il rinnovo delle maitunat’, soprattutto sotto il profilo dell’esecuzione. Dalle maitunat’ antiche, si passa alle gergalmente chiamate “semimoderne”. Il cambiamento, più che nei temi e nelle finalità, è soprattutto nelle parole e nella musica. Anche se ancora precostituite, c’è una mutazione dell’intera struttura ritmica e del contenuto delle strofe. Per tutta la seconda fase si continuano a praticare anche le “maitunat’ antiche” segno del non incisivo cambiamento a cui esse sono state sottoposte. Bisogna far presente che in questa fase già qualcuno (credo un’unica squadra), in modo pionieristico, abbozzava le moderne maitunat’. Questo è un esempio di come tali fasi non siano nette ma bensì sovrapposte tra loro.
La terza fase, diversamente dalla precedente, esprime un cambiamento radicale nel modo di comporre, interpretare e accompagnare musicalmente le maitunat'. Il nuovo stornello nasce nei primi anni ’30 (, si sviluppa negli anni ’50 fino a consolidarsi e scalzare l’antico rito negli anni ’60-‘70, giungendo intatto e genuino fino ai giorni nostri. La maitunat’ si rinnova in tutti i suoi elementi e caratteristiche: musica, ritmo, interpretazione, scopo, significato, metrica e rime. In ordine di importanza, la novità più lampante che si evince dal rinnovo, riguarda l’introduzione dell’improvvisazione e la conseguente difficoltà dell’interprete di cercare la giusta coppia di rime che, oltre a avere corrispondenza letterale, deve anche essere divertente e pungente in modo da suscitare l’approvazione dello spettatore. Il cantore, non deve più limitarsi a scegliere la maitunat’ più adatta tra un ventaglio di opzioni già precostituite, ma deve egli stesso introdurre l’argomento e improvvisare sul medesimo, ricorrendo a tutta la sua fantasia per riuscire a “colpire nel segno”. Di conseguenza, con l’introduzione dell’estemporaneità, le nuove maitunat’ danno luogo ad una severa selezione tra gli interpreti: non basta più avere una bella voce ed una discreta presenza scenica per cantare una maitunat’, ma bisogna avere il lessico dialettale adatto a trovare rime, la capacità di scovare aspetti nascosti del destinatario della maitunat’, la prontezza di abbinare termini rustici, proverbi, la creazione di doppi sensi, l’uso di “modi di dire” e soprattutto la conoscenza degli avvenimenti più importanti avvenuti in paese nell’ultimo anno.
E’ proprio grazie all’estemporaneità dell’interpretazione che le maitunat’ di Gambatesa si dissociano da tutte le altre elevandosi ad una vera e propria forma artistica di teatro vivo e improvvisato che richiede speciali abilità. Il forestiero resta stupito dalla capacità degli attori gambatesani nel trovare le rime che, allo stesso tempo, siano esatte, divertenti, convincenti, frizzanti e significative.
Ogni maitunat’ è preceduta dal c.d. “ritornell’”, un motivetto di nove misure in tempo ternario suonato da tutti i componenti della “squadra”, ripetuto due volte, con la funzione di introdurre la maitunat’. Successivamente il cantore si esibirà nel tradizionale canto supportato da una base ritmico-melodica, simile al “ritornello”, suonata da fisarmoniche, organetti, chitarre e percussioni “più delicate”, sulla quale il cantore improvviserà due strofe che, se precisamente composte, formeranno una coppia di endecasillabi in rima baciata, più la ripetizione dell’ultima strofa in coro con tutta la squadra, per chiudere la maitunat’. Così facendo è possibile far riferimento agli accadimenti in modo diretto, senza l’ausilio di frasi fatte che esprimono solo la morale, senza allusioni o fraintendimenti.
La composizione delle squadre è di molto cambiata rispetto ad alcuni decenni addietro, sia per quanto riguarda il numero dei partecipanti quanto agli strumenti musicali utilizzati. I gruppi sono molto più numerosi e grazie ad una fiorente tradizione bandistica sono stati integrati da strumenti a fiato di tutte le categorie (ottoni e legni) dando alla squadra un timbro sonoro completamente nuovo e originale.
4. Conclusione.
Scavare profondamente nella magia delle maitunat’, alla ricerca delle sue vere origini e discendenza, richiederebbe un approfondito studio e l’esame di varie e complicate fonti. Da un lato, si può affermare che pochi se ne sono interessati, che sono assenti quasi del tutto pubblicazioni rilevanti in materia, dall’altro, è grande l’attaccamento dei gambatesani alla loro tradizione di riferimento tanto che su una popolazione di 1600 abitanti ancora nel 2008-2009 sono stati più di 15 i gruppi musicali che hanno preso parte alla manifestazione, rappresentando tutte le età; tutti ignari del perché e del come sia arrivato a noi questo rito, ignari del significato, ignari di tutta la parte scientifica, antropologica e culturale, ma altrettanto sicuri che per loro non è capodanno se, la notte dell’ultimo dell’anno, non imbracciano i loro strumenti e scendono in strada a cantare e suonare.















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